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Correre con cervello

Konrad Fialkowski, antropologo e fisiologo polacco che risiede in Austria, una decina di anni fa elaborò una teoria originale: ipotizzò che il cervello dell'uomo non fosse stato programmato al fine della nobile e spirituale arte del pensare, ma per la più semplice e materiale attività del correre.

Fialkowski cercò di ricreare con l'immaginazione, utilizzando tuttavia i dati dell'antropologia e dell'archeologia, la vita degli ominidi della savana. Nello scienziato polacco si formò la convinzione che, fra quella popolazione di primati bipedi, sopravviveva chi era in grado di correre velocemente e lungamente, sia per catturare una preda, sia per sfuggire ad un nemico oppure ad una fiera.

Il bipede primate, dal quale si sarebbe evoluto l'Homo Sapiens, era riuscito a prevalere nei confronti degli altri animali perché "il suo cervello resisteva alle alte temperature". Il cervello umano infatti è dotato di uno speciale sistema di refrigerazione, una sorta di radiatore: quando la temperatura, come effetto del lavoro muscolare, aumenta (durante la corsa, per fare un chiaro esempio) il flusso sanguigno si inverte nelle vene emissorie del cervello ed irrora la corteccia di sangue refrigerato.

Nella fase di transizione, che va dagli australopitechi ai primi Homo, si determina un nuovo assetto dei solchi cerebrali, e della corteccia e dei vasi che la irrorano. L'esercizio della corsa, il bipedismo e la postura eretta, non soltanto hanno liberato la mano creativa dell'Homo Faber, ma avrebbero favorito una circolazione encefalica imperniata sul plesso vertebrale (e non sulla vena giugulare).

A sostegno di questa tesi si sottolinea che l'uomo è fornito di una notevole quantità di organi preposti e predisposti per la dispersione del calore. Fra questi organi anche il cervello funge da termoregolatore e da questa nuova ipotesi ne deriva che il cervello in una prima fase della sua evoluzione si è strutturato come sottoprodotto di una risposta evolutiva allo stress termico accentuato. La facoltà di pensare, di associare le idee, di astrarre, sarebbe stata - come rileva con arguzia Francesco Fedele - un regalo in parte inatteso di un cervello che è nato per correre.



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