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Come ti accorcio una maratona

Parliamo di maratone "ridotte", vale a dire dell'arte di strappare alla maratona, riconosciuta come tale, un pezzo della sua distanza regolamentare... per trasformarla in una di quelle piccole maratone che producono appetibili "performance".

L'anomalia più nota si era prodotta ad Anversa: nel 1969, l'australiano Clayton aveva corso la maratona in 2:08.34, record mondiale. Va bene, però la distanza era stata misurata con il contatore di una macchina: un amico ne era stato testimone, me lo aveva assicurato. In tal caso, il risparmio può essere di 1300 metri. Un giorno il segretario della Ligue Royale belga d'atletismo scriverà pure che per la maratona la distanza non ha molta importanza. A quei tempi è anche vero che un record mondiale non fruttava quasi nulla, tutto al più, regalava una certa notorietà. Era perorare in favore della relatività dei "record" su strada ed anche su pista; nessuno parla mai della temperatura ambientale, niente dell'umidità e neanche niente del vento, parametri privi di qualsiasi fattore di correzione.

E così, a più di trent'anni della controversia d'Anversa, e più di venti anni dopo quella "maratona" di New York alla quale mancavano circa 140 metri - ma acqua in bocca, mi avevano detto di mantenere il silenzio, tanto più che Salazar aveva stabilito un "nuovo record mondiale" in 2:08.13... - oggi esisterebbero maratone ufficiali ridotte, indurite e volute così dagli organizzatori? Per saperne di più ho chiesto il parere di due esperti in materia, della vecchia guardia: Raimon Vancells, catalano, e Christian Delerue, bretone, ognuno misuratori ufficiali presso la Federazione internazionale d'atletismo (F.I.A.A.).

Vancells, che fu promotore della maratona di Barcelona mi ha ricordato il modo di misurare correttamente una distanza su strada. Anzitutto bisogna stabilire su una strada asfaltata, piatta e in linea retta, un chilometro campione. Per fare questo, bisogna "calibrare" un nastro di 50 metri ad una temperatura di 20 °C (fattore di correzione da applicare se necessario). Dopo bisogna fare registrare detto chilometro campione da una bicicletta dotata d'un contatore Clain Jones che indica oltre 9000 punti al chilometro, sotto il peso di un solo e stesso ciclista che pedali in linea retta. Il ciclista dovrà ripercorrere 3 volte il tragitto al fine di stabilirne la media (differenza possibile: 263 punti tra le quattro misure). Non è tutto. In ultima analisi si applica un fattore di correzione da 1/1000 (42.195 x 1,001 = 42.237). In fede di che, una maratona si dice "regolare" tra 42.195 e 42.237 metri. Sotto i quarantadue chilometri e centonovantacinque metri non è valida. Vancells dice che è la natura del percorso che favorirà la performance o meno. Su questo punto non ci sono "trucchi" possibili tanto più che il traguardo non può trovarsi ad un'altitudine inferiore a quella della partenza.

Questo per quanto riguarda la teoria. Christian Delerue era andato un giorno a misurare la maratona di Bucarest. Al suo rientro mi aveva confessato la sua difficoltà nel venire a capo del pensum. Poi aveva lasciato cadere lì il discorso un po' come se stesse parlando a se stesso: "In fin dei conti non abbiamo la certezza che la maratona misurata dall'inizio alla fine sia quella che compiono il giorno della gara i maratoneti...". Cosa intendeva dire con queste parole? Quel giorno rimase evasivo. Oggi il nostro amico Delerue è stato più chiaro. Dice: "È incredibile il numero di corse che dopo essere state misurate non hanno la distanza ufficiale e questo perché non si rispettano i criteri fissati". Cioè? "Ad esempio è stato dimenticato di mettere delle transenne sui marciapiedi. O più semplicemente a un certo incrocio, un volontario sonnecchiante non ha indirizzato i maratoneti nella giusta direzione. Oppure non è stato rispettato il passaggio delle rotonde". Si tratta in questo caso di sbagli diciamo umani. Ma c'è di peggio, prosegue Delerue, "è quando volutamente, l'organizzatore modifica il percorso, un pezzo d'itinerario, senza farsi coadiuvare da un misuratore. È vero che l'idea dei record, che tende a promuovere la corsa, toglie ad alcuni ogni scrupolo. Per questi poco importa se dopo essere stato 'battuto', il record non è riconosciuto in seguito ad un nuovo controllo della distanza; intanto la stampa avrà parlato della loro corsa, saranno passati in televisione!".

"In Francia" - prosegue Delerue - "affinché un record sia validato bisogna avere la relazione del giudice-arbitro che certifichi il percorso misurato. Ogni record richiede tuttora una perizia eseguita dai misuratori ufficiali accreditati alla F.I.A.A. Per fare questo, si ricostituisce il percorso sulla base della relazione del giudice e, il giorno della perizia, il giudice partecipa alla misurazione e dà la sua testimonianza. L'esperto s'informa presso i corridori, recupera tutte le foto e tutti gli articoli e se possibile il filmato video. A tale proposito, in Francia tutte le corse importanti propongono un filmato video della testa della corsa: con questo documento è tutto più facile". Ed all'estero? "All'estero non ci sono giudici nelle corse. Ma nelle prove molto importanti esiste anche il filmato video ed allora 'no problem'. Tuttavia non è obbligatorio e le dimenticanze sono molte. Talvolta i disegni di misurazione realizzati dagli internazionali sono privi di precisione… e l'organizzatore ne approfitta!".

Per farla breve, esistono altre "astuzie"? Delerue: "L'ideale per barare sulla distanza è modificare il punto di metà percorso e di colpo la distanza si riduce di due volte! D'altronde niente impedisce all'organizzatore di spostare il punto-riferimento della partenza-traguardo e se il misuratore non ha disegnato una piantina precisa è anche molto facile. La voglia di disporre di corse 'ufficiali ridotte e valide' è molto forte. Una volta, mi sembra in Portogallo, mi è stato detto che un importante organizzatore di una corsa di 21,975 chilometri, aveva chiesto al misuratore 'come fare una mezza maratona ufficiale corta e valida'...".

"Attualmente anche fuori dalla Francia alla presenza di un record (non riconosciuto) o di una 'nuova performance', si invia un esperto per verificare. Detto questo bisogna riconoscere che in assenza di filmato video il problema è veramente arduo. Bisognerà avere una certa 'confidenza' con la lingua del paese e procedere con una certa 'astuzia' per poter scoprire gli errori o le dimenticanze. Perché è chiaro che se si dà retta all'organizzatore, 'tutto era perfetto'...".

Detto questo, l'occasione è propizia per spezzare una lancia in favore dei misuratori, questi apostoli anonimi che lavorano a favore di performance credibili. In Romania, Delerue aveva dovuto lavorare tre giorni per venire a capo della misurazione della maratona. Si dice che ogni lavoro merita un compenso e si crede che le persone della F.I.A.A. ne abbiano di lauti. Orbene oltre alle spese di viaggio e di soggiorno, Delerue aveva ricevuto allora la somma di duecento franchi francesi, ossia 36 euro, o 60.000 lire italiane. Forse, il fatto più singolare è che lui e i suoi colleghi misuratori, sono persone incorruttibili. Sono del parere che si parli troppo spesso dei mascalzoni, dei disonesti e di tutti gli ingordi di potere, di gloria e di celebrità e non abbastanza dei modesti ma così importanti misuratori accreditati.

Ringraziamenti - Il contenuto di questa pagina elettronica è stato liberamente ripreso dall'articolo "Correre una maratona ufficiale e corta? È possibile" a firma di Noël Tamini, apparso sul periodico "Spiridon" n. 78 del 2 marzo 2002.



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