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Sto riscoprendo il piacere di correre

Perché diciamo ai bambini che stanno imparando a camminare di non correre? Perché continuiamo a dirglielo per tutta la crescita fin quando poi non li portiamo forse ad imparare uno sport e allora correre diventa necessario?

Perché abbiamo tanta paura di quel magico sbilanciamento del bacino che rende la corsa molto più naturale e prima rispetto a camminare. Basta guardare un bambino che prova a muovere i primi passi per capire che correre è la cosa più semplice, camminare può venire soltanto dopo.

Trovo sia irresistibile quella lieve oscillazione del corpo in avanti che magicamente insegna la possibilità dello spostamento e allora quella cosa un poco in là diventa raggiungibile in un attimo. Magari tra una caduta e l'altra perché le gambe non sono ancora sicure ma quanto bello è potersi lanciare verso la propria meta e scoprire che le anche sono come le ruote del nostro trattore, rotolano e ci portano avanti.

Il tempo trascorre rapido, le gambe divengono sicure, stare in piedi è semplice, magari non naturale ma possibile, abbiamo imparato a muoverci con lentezza perché gli spazi intorno a noi sono spesso chiusi e pieni di oggetti che ostacolano la nostra corsa da un punto all'altro, eppure non riusciamo a perdere il magico istinto che ci fa rotolare dalle discese quando conquistiamo la possibilità di correre giù! Non è semplice frenarsi e allora a volte è meglio lasciarsi cadere, soprattutto se la discesa è d'erba o di neve. Le braccia e le gambe si muovono veloci, spingono e remano e via verso un ruzzolo... ancora più intenso quando a questo gioco partecipa qualche amico intrepido che addirittura sa compiere la prodezza d'una capriola.

Se mi lasci correre saprò correre e ruzzolare e rialzarmi e saltare per tutto il resto della vita. Se mi lasci correre imparerò la fiducia delle mie gambe, la flessibilità della pianta dei miei piedi, l'elasticità della mia schiena e l'energia che le braccia possono imprimere all'aria. Se mi lasci correre potrò buttarmi in acqua presto ed imparare la sua superficie fluida, l'accoglienza del suo appoggio e trasformerò il mulinare della braccia e delle mani nell'aria nella sicurezza del nuoto. Se mi lasci correre e cadere, saprò lanciarmi nell'acqua fresca, imparerò che per entrare devo offrirle il taglio del mio corpo e non l'ampiezza della pancia. Potrò impararlo se starai con me e non avrai paura di corrermi dietro, davanti, di correre con me.

Se invece continui a dirmi "Non correre" oppure "Stai attenta che cadi" allora ci metterò venti, trenta o magari quaranta anni per imparare di nuovo a correre e respirare e sarà un lavoro di costanza e di fatica, sarà qualcosa che il mio corpo non sarà capace di essere e soltanto la mente potrà insegnarglielo e ci vorranno molte partenze per schiodare la suola dal terreno, per riconoscere la rotondità del movimento, per respirare senza affanno. Ci vorranno molte mattine nella solitudine dell'alba per coprire l'imbarazzo della corsa spezzata dalla fatica, della fronte piegata verso le ginocchia perché la milza duole. Ci vorranno molte settimane perché questa sofferenza si trasformi di nuovo in gioia ed inizi a restituirmi il sorriso.

Ci vorranno forse anni perché quella che doveva essere un'attitudine naturale possa tornare ad essere una possibilità magica di conoscere me stessa. Mesi perché il corpo riesca a trasformarsi nella meravigliosa macchina che è, perché i muscoli sostituiscano anni di ciccia ed imparino la propria elasticità. Molte partenze e molte fermate perché impari a vincere la pigrizia.

Quello che però accade è che, superato tutto quanto, mi ritrovo per la strada e corro e mi rendo conto che ogni discesa mi viene voglia di lanciarmi, e di lasciare che le braccia oscillino scomposte pur di andare a tutta velocità. Sono ancora quella bambina, un attimo prima che qualcuno le dicesse "Non correre" e quelle parole, che sento pronunciate accanto a me verso altri bambini, mi fanno correre ancora più veloce, e siamo complici, posso imparo da loro testardi e sapienti, a correre lontano da chi ci dice "Non correre".

Ridono e mi riconoscono e allora via... siamo già altrove e nessuno ci può più fermare... se non questo mio corpo che, poverino sta imparando a fare quello che non gli è stato possibile essere.

Ma la mente, il sorriso, la libertà, il vento, il sole, la pioggia... la vita sono più forti e allora vado e... corro!!!

Ariel Shimona Edith Besozzi


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