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Correre zen

Cosa significa "correre zen"? É forse una nuova moda, o uno sconfinamento mistico riservato agli atleti? Niente di tutto questo: è semplicemente un modo, molto concreto e godibile, per imparare a divertirsi correndo, e per ritrovare quell'equilibrio di gesti, pensieri, emozioni che contraddistingue ogni corridore che ami la corsa.

Va bene. E in parole semplici? Mettiamola così: beccatevi questo raccontino autobiografico.

Negli anni ottanta ero stato mandato dalla mia società ad un meeting internazionale sui 5000 metri a Merano. Era rimasto infatti un posto libero in macchina (ebbene si, l'atletica era ben povero sport). Il limite per l'iscrizione era di 14.40, tempo che io non avevo mai fatto (avevo un 14.59), ma mi convinsero ad andare comunque. Quando vidi i tempi di iscrizione mi tremarono le gambe. C'era un tedesco che aveva 13.30 e diversi altri poco sopra i 14 minuti. Mi preoccupavo di non essere doppiato, però ero in ottima forma, e avevo voglia di divertirmi. Bisogna poi sapere che la pista di Merano è anomala, ed è lunga 350 metri invece dei consueti 400. Questo riesce a toglierti ogni punto di riferimento. Senza nulla da perdere partii a tre minuti al chilometro e con mia sorpresa mi trovai in testa. Gara tattica, fanno tirare il pivellino. Ok. Ai 2000 in sei minuti sono ancora in testa, e così ai 3000 in nove minuti. Mettetevi nei miei panni: diciott'anni, meeting internazionale, gambe che volano, riflettori accesi, pista di tartan, solo davanti a tutti. Non ho più pensato a niente, al tempo, al primato personale, a nulla: ero corsa pura, gioia del movimento, sensazioni che mi travolgevano. Al 4000 nessuno aveva osato superarmi, e il ritmo, regolarissimo, era ancora di tre al chilometro. Ho detto: vado. Sono partito mulinando le gambe come non mi era mai successo prima, e ho chiuso l'ultimo 1000 in 2.42 battuto in volata solo dal tedesco. Mi ero lasciato indietro tutti gli altri (svizzeri, austriaci, italiani) che non erano stati in grado di passarmi a quel ritmo, pur avendo primati personali di gran lunga migliori del mio.

Oggi riesco a capire che quel risultato (17 secondi di primato personale!) era stato strettamente legato alla particolare situazione in cui si era verificato. E soprattutto era dovuto al fatto che il mio corpo aveva lavorato in totale libertà, con la possibilità di agire non condizionato dalla mente. In altre parole avevo "corso zen", cioè completamente concentrato su quello che stavo facendo, senza alcun tipo di suggestione mentale, totalmente presente nel momento dell'azione.

Lo zen infatti è una pratica mistica di origine orientale (in effetti uno dei tanti rami del buddhismo) che privilegia la consapevolezza del momento, attraverso l'esercizio della meditazione, al fine di raggiungere una visione della vita esattamente così com'è, libera da tutte le sovrastrutture che la nostra mente riesce a costruirci sopra. La meditazione (chiave di comprensione di tutta la pratica zen) è un incontro con sé stessi (con la parte più vera di noi), attraverso una percezione istintiva della nostra interiorità, che riusciamo a raggiungere solo liberandoci dai pensieri coscienti che continuamente affollano la nostra mente. (Vi prego, rileggete due o tre volte questi concetti finché non vi diventano un po' familiari...).

Correre zen significa per me attuare il processo di "meditazione" (che normalmente si svolge in posizione seduta), proprio durante la corsa. In gara o in allenamento poco importa. Importa essere del tutto liberi dai pensieri coscienti, lasciandosi andare completamente alla propria libertà espressiva, che si sostanzia nell'atto del correre. Avete una vaga idea dell'energia che questa azione può sprigionare? Avete un'idea di ciò che il vostro corpo può esprimere se viene liberato dai lacci e laccioli che normalmente lo imbavagliano? Avete mai desiderato intensamente di sentirvi fusi anima e corpo in ciò che state facendo? Bene: correre zen è tutto questo e altro ancora.

Vi sono parecchi lavori scientifici, svolti negli ultimi anni e pubblicati su autorevoli riviste, che documentano come la pratica meditativa abbia sul corpo effetti quantificabili con precisione: riduzione dei tempi di smaltimento dell'acido lattico, controllo della frequenza cardiaca, eccetera. Ma al di là di qualsiasi descrizione e di qualunque ricerca scientifica, l'unico modo per capire cosa significa correre zen è farlo. Mordere la mela e sentirne il gusto, come direbbe un maestro zen. Il futuro è dentro di noi, non fuori. Non lasciamocelo sfuggire.

Ringraziamenti - Si ringrazia Luca Speciani per il contributo. Luca Speciani ha raccolto le sue impressioni e riflessioni nel libro "Lo zen e l'arte della corsa" (Editoriale Sport Italia, Milano 2001).



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