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Qualche anno dopo...

Cervia, l'atmosfera è allegra, festaiola, fa caldo, è una bella giornata ed il prolungato weekend pasquale ha attirato numerosi podisti che provengono da ogni parte d'Italia e dalla Germania per correre una mezzamaratona tra la pineta ed i viali alberati di questa splendida cittadina turistica. Naturalmente c'è anche un percorso più breve, per chi desidera rimanere in una dimensione più soft e godersi queste prime giornate primaverili senza velleità agonistiche.

Sono con gli amici soliti: Gabriele con il suo tendine acciaccato, intento ad ammirare le prime turiste, Fabio amante della pineta e desideroso di correre tra le migliaia di concorrenti, Giacomo e Mauro in preparazione della "100km del Passatore", un amore mai tradito!

Mancano pochi minuti alla partenza, ad un tratto vedo sbucare Pizzolato, che sta svolgendo uno stage per podisti, nella riviera romagnola. Sì, Orlando il re di New York, il primo italiano a vincere la maratona più famosa del mondo, la più seguita, la più affascinante, sì proprio lui! Vorrei dirgli qualcosa, scambiare qualche parola, ma non mi viene in mente niente, solo qualche banalità ed allora "scelgo" di rimanere in silenzio. Orlando non merita banalità. Mentre lo osservo, conversare e salutare sorridente altri podisti, nella mia testa si affollano tanti pensieri.

Mi ritornano in mente i suoi successi, inaspettati ed insoliti per la tattica di gara. Nel 1984 vinse la maratona nella giornata più calda ed umida che New York ricordi, dopo essersi fermato per ben otto volte! Oltre un centinaio di partecipanti furono ricoverati in ospedale per problemi di disidratazione e lui vinse senza essere mai salito su un podio in Italia! Incredibile ma vero. Quando il Tg1 diede la notizia pensai, ma come è possibile? Ma chi, Pizzolato? Ancora oggi penso alle favole che diventano realtà.

L'unico che credeva in lui era Massimo Magnani, compagno di allenamento che, in una intervista successiva, al "Gran premio città di Ferrara", lo indicò come una promessa della maratona azzurra. Pensai all'immagine, forse era un suo pupillo, ma Massimo atleta programmato non difettava certo di intuizione ed intelligenza e con Orlando aveva visto giusto!

E poi il secondo successo, in rimonta, entrò sesto a Central Park e negli ultimi chilometri quando vide la sagoma ciondolante di Amed Saleh, trovò le ultime energie per bissare il successo dell'anno precedente e mettere a tacere le malelingue che lo avevano sottovalutato, criticato, accusato di avere avuto solo una fortuna sfacciata. Con quel secondo successo, battendo non certo uno sconosciuto, ma il vincitore di Coppa del Mondo, che aveva scelto New York per la notorietà che suscita e per battere il record del mondo, dimostrò a tutti il proprio valore. L'attenzione che suscitò Orlando negli Stati Uniti fu enorme ed anche l'allora presidente degli Stati Uniti Reagan si mosse per conoscerlo e per complimentarsi con lui.

Sì certo perché Orlando è un po' inusuale ed io che sono qui a due metri da lui non posso certo salutarlo in modo banale. L'anno dopo arrivò terzo ed anche quella maratona fu corsa in modo insolito: per tutta la prima parte di gara salutò il pubblico che lo incitava, che lo riconosceva come un personaggio, come un divo, come una star. Peccato, forse correndo in quel modo, buttò alle ortiche un fantastico tris!

Probabilmente la vanità ebbe il sopravvento sull'umiltà e la maratona lo punì scalzandolo dal trono. Ormai Orlando era diventato un divo della corsa. Nei giorni precedenti la gara, era conteso da tutti i mass media: televisioni, radio, giornali, ma la maratona non perdona e quando la gara entrò nel vivo si ritrovò svuotato di energie ed andò incontro ad una cocente delusione. Alla festa della Champion, che si tenne in serata, ricordo il rammarico del suo allenatore Lenzi, ricco di doti umane e signore nell'anima come pochi, che non riusciva a celare la sua delusione.

Orlando mi hai fatto sognare! Spesso durante la preparazione di una maratona, mentre facevo qualche variazione di ritmo, mi immaginavo di zigzagare nel cuore di Central Park, di correre sulla first avenue tra i grattacieli di Manhattan e nei momenti più duri mi ritrovavo nel Bronx, ad Harlem, dove c'è un solo imperativo: resistere alla sofferenza, alla fatica che rende i muscoli come macigni. In quei momenti i pensieri sono avvelenati dall'acido lattico che annebbia i riflessi, ma è proprio in quei momenti che non bisogna mollare, che bisogna tener duro ed è proprio lì che si diventa caratterialmente dei maratoneti. Solo passando quel cerchio di fuoco che soffoca la vista dell'orizzonte si può raggiungere il proprio obiettivo: vincere la gara, fare il record personale, battere un avversario scomodo.

E tu Orlando sei ancora lì, che stai scherzando con i podisti, che ti stanno intrattenendo nei pochi secondi che mancano alla partenza di questa podistica primaverile.

È bello trovarci qui in massa, è bello che la corsa non sia solo agonismo, protagonismo, ricerca del successo, ma anche voglia di stare insieme, di socializzare, di divertirsi, di scaricarsi e tu Orlando, re di New York, stai dividendo con noi, popolo della corsa, questi momenti.

Un colpo di pistola e si parte, i pensieri svaniscono, il corpo si mette in movimento. Parlare con Orlando? Non è stato possibile, non mi venivano le parole. Dentro di me è un mito, una leggenda, no, non si può parlare con mito, con un semidio, si può solo sognarlo!


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